Ricorrono al Tar i quattro ex consiglieri comunali dichiarati decaduti dalla delibera consiliare n. 54 del 15 novembre 2008, chiedendone “l’annullamento previa sospensione”.
“Difetti nella motivazione” sono i rilievi principali che vengono presentati al giudice amministrativo dai ricorrenti. L’ex capogruppo di minoranza Giulio Calabretta era stato sostituito da Italo Ranieri, Giuseppe Marcello Samà da Carlo Renda, Sabina Carioti da Pietro Frustagli e Pietro Aloisio (eletto nelle file della maggioranza e poi dissociatosi con la costituzione del monogruppo del PdCI) da Vincenzo Ammendolia.
La loro mossa, del resto, era nell’aria, dopo le schermaglie a distanza che li avevano visti contrapporsi all’amministrazione comunale prima con la decisione di autosospendersi (nell’agosto 2007) dai lavori del consiglio comunale e poi con i diversi esposti inviati al prefetto di Catanzaro (prima Salvatore Montanaro, poi Sandro Calvosa), alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti.
“Nella motivazione della delibera oggetto del presente ricorso – si legge nel documento – il consiglio comunale non fa alcun cenno alla documentazione elencata ai precedenti punti (gli esposti, ndr) comprese le note prefettizie”. Per sostenere il ricorso, gli ex consiglieri riferiscono che “il consiglio comunale non ha minimamente esaminato i motivi per i quali il consigliere si era assentato dalle sedute consiliari per il tempo indicato nella delibera di contestazione”.
La delibera di contestazione indicava come “ingiustificate” le assenze di Calabretta, Carioti, Aloisio e Samà, che spiegano come le loro assenze fossero invece “atti di protesta politica”, cosa di cui “il consiglio comunale e il suo presidente erano a conoscenza”. Nelle loro considerazioni, “anche l’assenza dal consiglio comunale, previa informativa al prefetto, è un modo di fare opposizione in maniera democratica, diritto che viene compresso quando un’amministrazione già sorda alle denunce della minoranza non ne tiene conto nel provvedimento di decadenza”. Dunque, la decisione consiliare di dichiarare decaduti i consiglieri “arreca un grave danno al ricorrente – secondo il ricorso di Calabretta (rappresentato dall’avv. Saverio Viscomi) – poiché gli è stata impedita l’esplicazione della carica pubblica cui è preposto”.
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