venerdì 19 giugno 2009

Jungle Beach: per quest'anno nessuna riapertura

Se non utilizzato entro l'anno, a rischio restituzione anche il contributo del Fondo di solidarietà per le vittime del racket e dell'intimidazione ambientale.
Da un lato, lo Stato che aiuta economicamente l’imprenditore vittima di intimidazione. Dall’altro, lo stesso Stato che, con paletti burocratici e giudiziari, rischia di rimandarlo al tappeto.
E’ l’aspetto emblematico di quanto accade al signor Rocco Fortugno, titolare dello stabilimento balneare Jungle Beach, distrutto da un incendio doloso il 16 luglio 2007 e che, ancora, nonostante i tentativi di “ripartire”, è rimasto solo un bel progetto.
Il “Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive e usura”, ai sensi della L. 44/1990, ha erogato loro il 70% della “elargizione” (su un totale di 111mila euro), un procedimento seguito per i Fortugno dall’avvocato Stefano Stranges, che ha trovato efficiente riscontro presso gli uffici della Prefettura di Catanzaro. Ma, ora, proprio questa somma, che dovrebbe aiutare l’impresa, è a rischio restituzione se non utilizzata entro il 2009.
Il problema si è innescato per via di incredibili intrecci tra burocrazia e questioni giudiziarie – sequestri di cantiere seguiti da dissequestri, pareri non rilasciati dagli enti preposti o solo parzialmente positivi - che hanno accompagnato la vicenda della ricostruzione (mancata) del Jungle Beach: il 17 febbraio 2009, Fortugno ha deciso, infine, di rivolgersi al Tar per chiedere l’annullamento del verbale con cui la Provincia di Catanzaro (settore protezione civile e geologico servizio nulla osta ambientale) ha dichiarato di non poter esprimere parere, del parere contrario della Soprintendenza, e degli atti dell’agenzia del demanio e (di riflesso) del Comune di S. Andrea Jonio.
Il procedimento, seguito dagli avvocati Vincenzo Arnò e Danilo Sorrenti, è però fermo e, nonostante l’istanza di prelievo presentata per una rapida fissazione dell’udienza (vista anche l’urgenza comportata dalla scadenza dell’elargizione), non c’è ancora la data.
“Certo è che noi, nel frattempo, abbiamo affrontato una pesante situazione debitoria – spiega il dott. Carmelo Fortugno, figlio del titolare, che sta seguendo la vicenda – e oggi siamo ancora nell’incertezza, dopo tre anni di buio. Non solo quest’estate non potremo aprire alcun lido ma, per il futuro, rischiamo anche di perdere i soldi del Fondo di solidarietà e di fare definitivamente crac”.
In effetti, se in sede di Tar non dovesse sbloccarsi la vicenda, arriverebbe la beffa per i Fortugno, nonostante il loro status di “vittime di intimidazione ambientale”, riconosciuto da parte della Procura di Catanzaro. Una beffa, comunque, anche per la stessa Repubblica Italiana, evidentemente ancora incapace di tutelare appieno i diritti, pur riconosciuti, dei propri cittadini.

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